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Cardiochirurgia stanza 218, Genere lesbo

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JohnK
view post Posted on 26/3/2009, 13:42




di coffeebreak
scritto il 19-01-2009

Roberta si svegliò dall'anestesia intorno alle dodici.
Era entrata in sala operatoria verso le 9,30 e calcolò di conseguenza che l'operazione doveva essere durata almeno un paio d'ore. Si sentiva intorpidita, legata dalla fasciatura che le cingeva il torace molto energicamente e lentamente prese a riandare con la memoria ai fatti che l'avevano condotta in quel reparto. Ricordò il malore dopo una seduta in palestra, gli accertamenti che ne erano seguiti ed infine la diagnosi che escluse altra terapia che non fosse l'intervento per quel problema al cuore che, se trascurato, avrebbe potuto costarle caro.
Si augurò che fosse andato tutto bene. Tra l'altro non aveva nessuno che l'assisteva ed a cui poter chiedere informazioni. La sua famiglia viveva tutta all'estero e lei era da poco a Roma, dove aveva ricevuto una borsa di studio alla facoltà di architettura. Non aveva detto neppure alle amiche e colleghe di studio di quell'intervento e,di conseguenza,per quella degenza sarebbe stata maledettamente sola.
Il medico che l'aveva operata, seguito da un'infermiera, entrò a verificare le sue condizioni.
Le spiegò che era andato tutto per il meglio e, molto presto, sarebbe potuta tornare alla sua vita di sempre. Dopo queste parole uscì per proseguire il suo giro, mentre Cristina, l'infermiera che era con lui, controllò la flebo e la informò che per qualsiasi necessità avrebbe potuto chiamarla premendo il pulsante che le aveva poggiato vicino al braccio libero dalla flebo. Roberta considerò che l'infermiera doveva avere intorno ai quarant'anni, sorridente e abbastanza paffutella, di quella carnalità gioiosa, che induce all'ottimismo.
Lei aveva dieci anni di meno ed il suo fisico era più spigoloso e decisamente magro.
Il tempo passò e, intorno alle 15, a Roberta venne un forte stimolo di urinare. Sapeva di non potersi muovere dal letto e, seppure con disagio, fu costretta a chiedere aiuto attraverso il campanello.
Cristina apparve quasi subito e,compresa la sua esigenza, prese la pala di plastica, dove avrebbe potuto fare la pipì. Le infilò le mani sotto il lenzuolo, sorridendo, le tirò un pò su la camicia e le infilò sotto il necessario aggeggio. Roberta ebbe la sensazione che, in quella manovra,Cristina le sfiorasse la fica, ma pensò che la toccatina fosse del tutto casuale. Allo stesso modo, quando ebbe finito, Cristina riinfilò le mani sotto di lei e nuovamente le accarezzò l'esterno delle sue grandi labbra. Si sorrisero e nuovamente Cristina le offrì la sua disponibilità, dal momento che avrebbe fatto anche il turno della notte. Non aveva altro a cui pensare Roberta e quel sospetto si impadronì delle sue riflessioni, facendola distrarre e fantasticare sull'ipotesi di una storia all'interno di quel reparto. Roberta era bisex, ma con una preferenza verso le donne, il sesso con
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le quali trovava più dolce e meno cerebralmente complicato.
Decise quindi di creare altre occasioni per stimolare la sua infermiera, cosa possibile anche perchè, seppure la stanza conteneva tre letti, al momento lei era l'unica degente. Verso la mezzanotte, però, l'esigenza di cercare aiuto fu reale, dal momento che a Roberta la ferita faceva molto male. Suonò il campanello e, come l'altra volta,Cristina apparve quasi immediatamente. Le spiegò che era normale, dopo quell'intervento, avvertire dolore, ma che, se questo fosse sopportabile,era meglio evitare antidolorifici troppo forti. Magari le avrebbe tenuto un pò compagnia e, chiacchierando, forse si sarebbe mentalmente distratta dal suo problema.
Roberta, nonostante il dolore,non cessò di pensare a quell'ipotesi di seduzione e, in quest'ottica,fingendosi smaniosa,prese a scoprirsi le gambe e le cosce. Cristina la rimproverò bonariamente,e con pazienza cercò di aggiustarle le coperte. In quel gesto le accarezzò la gamba,poi l'interno di una coscia ed i quel momento i loro occhi si gurdarono e fu subito intesa. Cristina salì dolcemente verso l'interno di quella coscia, che a quel tocco prendeva calore. Allargò piano piano anche l'altra coscia e con la mano raggiunse la fica già umida di Roberta. Scostò le grandi e le piccole labbra e introdusse le dita di quella mano paffutella, che si bagnò subito degli umori di Roberta.
Il massaggio che ne seguì fu migliore di qualsiasi anestetico e quando strinse tra le dita il clitoride, divenuto più sporgente, Roberta si chiese se il suo cuore fresco di intervento avrebbe resistito a tale piacere. Cristina lavorava bene, sapeva come muovere le dita nella fica che grondava umori e, a un certo punto, tutta la sua mano paffutella scomparve all'interno di Roberta, che ebbe un orgasmo di un languore indescrivibile. La piccola infermiera si sedette sul letto e, senza togliere la mano da Roberta, anzi cominciando a solleticarle anche il buco del culo,si stese verso il suo viso ed appoggiò le sue labbra a quelle di Roberta. Fu un bacio lungo, ma non eccessivamente appassionato, anzi tenero, adatto a quel luogo e a quelle circostanze. Roberta strinse il seno di Cristina, lo fece uscire dal camice e strinse un capezzolo tra le dita, unico gesto di riconoscenza per quanto le era stato dato, ma che bastò a procurare un brivido a Cristina.
Si baciarono di nuovo, questa volta intrecciando le lingue e a Roberta quel bacio fece l'effetto di un calmante, inducendola ad un sonno improvviso.
Il giorno dopo un'altra infermiera venne a facilitarle
le funzioni fisiologiche ed a lavarle il sesso e le ascelle, in maniera frettolosa e sguaiata.
Roberta fu agitata tutta la giornata. Non aveva notizie di Cristina e le dava fastidio informarsi sul suo prossi mo turno di servizio.
Le sue condizioni quel giorno furono abbastanza buone e, la mattina successiva, riuscì anche a sollevarsi un pochino, facendosi alzare la spalliera del letto.
Alla sera, dopo la solita minestra che sapeva di acqua appena salata,l'infermiera che venne ad aiutarla ed a misurarle la temperatura, la salutò con cordialità,spiegandole che andava via e che quella notte ci sarebe stata Cristina, che lei aveva già conosciuto. Roberta cercò di allungarsi a prendere lo specchietto sul comodino. Voleva farsi bella per la sua amante e, afferrato il deodorante intimo, se ne cosparse in abbondanza la fica ed il culo. Passarono le prime ore della tarda serata in una spasmodica attesa. Perchè non arrivava? Il turno doveva essere cominciato. Aveva forse un'altra paziente più bella a cui dedicare le sue cure? Si assopì leggermente e, mentre era quasi vinta dal sonno, sentì una mano fresca e paffutella poggiarsi sulla fronte.
Roberta aprì gli occhi e la vide. Questa volta non indossava il camice come la volta precedente, bensì dei larghi pantaloni verdi ed una blusa dello stesso colore. Si sorrisero e Cristina si sporse verso di lei, poggiandole le labbra sula bocca. Non parlavano, Cristina si muoveva con aria professionale e con quest'atteggiamento le infilò una mano nella camicia, massaggiandole la punta dei seni. Poi, come se fosse la cosa più naturale del mondo, chiuse a chave la porta della stanza, si abbassò i pantaloni e la non piccola mutanda bianca e si accostò nuovamente a Roberta, che cominciò a sentire il suo intimo odore.
Sempre senza parlare, prese la mano della degente, se la portò tra le gambe e pretese con i gesti che Roberta vi introducesse le dita. Si fece sditalinare per un pò, poi annusò le dita di Roberta, se le portò alla bocca e poi le fece odorare alla sua assistita.
Poi sistemò il letto di Roberta con un'inclinazione evidentemente già collaudta, vi montò sopra e, con un'agilità imprevedibile, fu a gambe aperte sul volto di Roberta. La donna comprese cosa doveva fare di quel fiore rosa che le sovrastava la faccia. Vi allungò le mani, ne scostò le labbra e cominciò a solleticarla con la punta della lingua in cima alla fessura, dove il clitoride dava manifesti segnali della sua presenza. Leccava Roberta e con una mano si aiutava a tenere aperta la fica di Cristina, mentre con l'altra si sditalinava a sua volta.
Era dolce quanto colava da quella fica e Roberta si chiese se quella dolceza non fosse dovuta all'eccesso di zuccheri che immaginava dovessero far parte della dieta di Cristina. Quest'ultima si muoveva, senza mugolare e sospirava più Roberta per la sua masturbazione che l'infermiera per quella furiosa leccata. L'adagiarsi per un attimo sul viso di Roberta fece comprendere a quest'ultima che Cristina era venuta. Scavallò le gambe e scese dal letto. Poi baciò nuovamente Roberta e, aperta la porta, scomparve nella penombra della corsia.
Roberta rimase stupita per quello strano atteggiamento, ma poi ancora una volta il sonno e la sua debolezza presero il sopravento, inducendola ad un sonno profondo.
Si svegliò presto la mattina successiva. Ancora l'infermiera dai modi spicci le fece un professionale lavaggio. A lei Roberta chiese di Cristina.
L'infermiera le disse che aveva finito il turno ed era andata subito a casa. Non l'avrebbero più vista, perchè all'indomani sarebbe andata a lavorare a ginecologia nell'altra ala del policlinico romano.
Roberta sorrise e tra sè pensò a tutte le fiche in cui la mano paffutella di Cristina sarebbe entrata e non soltanto per motivi professionali.
 
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