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Farsi guardare, Genere scambio

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JohnK
view post Posted on 10/4/2009, 17:23




Farsi guardare


Mentre Max con il dito scorreva la lunga fila di campanelli, io, chiusa nel mio cappotto m’imponevo di rimanere calma, in realtà, avevo una gran voglia di scappare, tornarmene a casa, prendere il mio uomo per il braccio e trascinarlo via, pregarlo che venisse via, dirgli che era tutto uno sbaglio, che non eravamo pronti, o almeno io non lo ero e quindi non se ne faceva nulla. Ma, mentre la mia mente elaborava tutti questi pensieri e paure, il mio corpo rimaneva immobile, davanti a questo portone in ferro in attesa che succedesse qualcosa.
“Quarto piano.” Il rumore del portone che si apriva, mi ridestò da quella situazione alla quale non sapevo come uscirne.
“Andiamo.” Max mi guardò negli occhi e lesse il mio turbamento. “Ci hai ripensato? Vuoi che torniamo a casa?” Mi chiese premuroso. “Siamo ancora in tempo.” Volle rassicurarmi.
“NO! Sono stata io ad insistere.” Non riuscii a dire altro ma, bastò per far muovere il mio piede all’interno dell’androne.
Alle nove di sera regnava una quiete notturna ed i miei passi si udivano chiari nel corridoio del palazzo.
Avevo insistito io con Max per questa nuova esperienza, dopo averne tanto parlato nei nostri momenti bollenti, dopo aver fantasticato così a lungo, mi era sembrato normale sfidarlo al passo successivo. La sua ritrosia mi aveva infastidito, l’avevo dileggiato per questo suo vuoto di coraggio, l’avevo sfidato ed ora, al momento della verità, dopo aver letto i dubbi scritti sulla mia faccia, non infieriva e trovava il modo d’essere ugualmente dolce e comprensivo.
L’ascensore arrivò al piano, le porte si aprirono e pigiai il numero quattro, la nostra destinazione.
I pensieri mi scivolarono a quando, senza che lui lo sapesse, iniziai a visionare gli annunci che apparivano nei vari siti specializzati del web, ma pochi avevano i requisiti che cercavamo, anzi, che cercavo. Questi abitavano lontano, troppo vecchi, questi cadevano a pezzi. Più il tempo passava e più mi rendevo conto che questa ricerca si dimostrava più difficile del previsto. Oppure ero io che facevo la difficile?
Alla fine, dopo lunghe ricerche, qualcosa si distinse dal mare di proposte, qualcosa che sembrava andare a misura per le nostre fantasie erotiche.
Una giovane coppia, cercava un’altra coppia per trascorrere momenti d’intimità, per essere guardati, spiati, ammirati nei loro momenti più intimi da persone che viaggiavano sulla loro stessa lunghezza d’onda. Mi colpì la semplicità della richiesta ma, al contempo, la sua chiarezza.
Inviai qualche mail, più per disperazione che per convinzione che tra migliaia di messaggi, proprio il mio li colpisse. Non usai lunghi giri di parole, scrissi solamente:
“Vi capisco!”
Se adesso, mio marito ed io, stiamo salendo da loro,
Adv
credo che sia inutile spiegarvi com’è andata. Aggiungo solo che ebbi bisogno di due settimane per riuscire a raccontare tutto a Max. Quale infinita pazienza ha il mio uomo. Lo convinsi pure a prendere contatto con loro, a verificare se la mia prima impressione fosse quella giusta ed eventualmente, ad organizzare il tutto senza che mi raccontasse nulla.
Ding! Quarto piano. La porta dell’ascensore si aprì.
Ci aspettavano sulla porta, dolci e carini come me li ero immaginati.
“Ciao.”
“Ciao.”
Una selva di saluti e di baci sulla guancia, ci aiutarono ad entrare in casa loro.
“Ciao Carmen. Finalmente ci conosciamo.” E lei mi abbracciò.
“Ciao Silvana.” Poi, approfittando dell’abbraccio che continuava, le dissi:
“Mi tremano le gambe.” Non disse nulla, mi sorrise come per rassicurarmi e dirmi che forse anche a lei le tremavano.
“Io sono Giorgio.” Il suo uomo si avvicinò e mi ribaciò sulle guance.
“Piacere, Max.” Mio marito si presentò a Silvana.
Convenevoli di circostanza e poi, dopo esserci tolti i nostri soprabiti, ci dirigemmo tutti assieme nel salotto, dove ogni sorta di stuzzichino e di aperitivo, aveva riempito il tavolino.
Ci sedemmo gli uni di fronte agli altri, pronti a esaminarci a vicenda.
La tensione era molto forte, la difficoltà d’intavolare dei discorsi sensati fu evidente dalle prime parole.
“Eccoci qua.” Furono le sole parole che mi uscirono in un improvviso corto circuito del cervello.
“Già.” Anche Silvana non seppe fare di meglio.
In questa posizione di stallo, approfittai per osservare meglio i nostri due dirimpettai; lei era piccolina, graziosa, fragile, sembrava una bambolina di porcellana con i suoi lunghi capelli castani, una leggera abbronzatura su di un viso dove, due occhioni spropositati per il suo volto minuto, mi stavano indagando. Il suo sorriso era timido, impacciato, pudico.
Giorgio era il doppio di lei, robusto, qualche chilo in più, ma stava bene. I primi capelli grigi striavano le sue tempie, aveva trenta, trentacinque anni, non di più, il suo fare sicuro, mi diceva che era stato lui a convincerla ma, di sicuro la piccolina, non se l’era sentita di tirarsi indietro.
“Scusateci, ma siamo un po’ emozionati, è la nostra prima esperienza e stiamo facendo la figura degli imbranati. Mi dispiace.” Dissi tutta d’un fiato, con un coraggio improvviso, che non sapevo d’avere.
Tutti sorrisero ed almeno un pò la tensione, si allentò.
“Come funzionano queste cose?” Chiesi con naturalezza, conscia che avrei dovuto spremere la mia audacia fin che ne avevo.
“Beh!” Intervenne Giorgio “Anche per noi è la prima volta, quindi credo che dovremmo inventare qualcosa.”
“Vi dispiace se vi rubo per due minuti Carmen?” Si aggiunse Silvana. “Ti prego, accompagnami di là.”
La seguii nei meandri della casa, era evidente che cercava un angolo dove parlarmi di qualcosa d’urgente. Si fermò davanti alla porta del bagno e poi entrò.
E’ una specie di zona franca questa stanza, dove le donne si rifugiano spesso e volentieri e dove non possono essere inseguite, dove possono anche parlarsi tra di loro, lontane da orecchie che non devono sentire.
“Se non ti dispiace, vorrei che fossi io con mio marito ad iniziare, se non vi dispiace. Vorremmo che ci guardaste per poi contraccambiare. Voglio togliermi di dosso questa mia timidezza e sarebbe diverso se invertissimo i tempi. Non ti dispiace vero?” Chiese con quei suoi occhi supplichevoli.
“Certo che no! Non è una gara. Torniamo di là.” Conclusi la nostra breve conversazione.
Mentre mi sedevo accanto a Max, accavallai le gambe volutamente per permettere alla mia gonna di aprirsi quel tanto per far emergere il pizzo delle mie autoreggenti, mentre Silvana, si sedeva con fare birichino sulle gambe del suo uomo e intrecciando le dita dietro la sua nuca, iniziò a riempirlo di baci. Al momento, il risoluto e deciso uomo ch’era apparso finora, cercò di evitare queste efusioni poi qualcosa fece breccia nel suo distacco, cominciò a far scorrere le sue mani su quel minuscolo corpo che si offriva e la sua bocca ora reclamava baci bollenti.
Ero un po’ delusa dal fatto che nessuno avesse notato l’accavallamento delle mie gambe con relativa scopertura ma non eravamo qui per assistere ad atti di seduzione, ma a veri e propri espliciti atti sessuali.
Non passarono neppure due minuti che lui la sollevò come si può sollevare un corpo senza peso, senza alcuna fatica, e si avviarono verso quella che doveva essere la loro camera da letto. Depose quel tenero fagotto con delicatezza poi dimentico di tale premura prestata fino a pochi istanti prima, colto forse da un raptus erotico, la svestì in men che non si dica.
Conclusa la prima operazione, iniziò lui a togliersi gli indumenti. Se lei nuda ispirava tenerezza e timore di rompere tanta delicatezza, lui rappresentava l’opposto, il pachiderma che stava per stritolare la piccola cosina che giaceva immobile distesa sul letto.
Mi chiedevo come una bambina così fragile potesse resistere ad una sproporzione tale. Lui non era enorme, era il confronto con lei che rendeva la cosa spropositata.
Max ed io eravamo rimasti sulla porta ad osservare in disparte la scena, in penombra, quasi non ci vedevano.
Rimasi esterrefatta nel vedere la sua mascolina agilità, dividersi su quel minuscolo corpo inerte. Incuriosita, avanzai qualche passo per poter osservare meglio, d'altronde, eravamo qui per questo, per vedere ed essere visti.
Fu a quel punto che gli occhi di lei agganciarono i miei e non mi lasciarono più. Con un gesto della mano, m’invitò a sdraiarsi vicino a lei e ad assistere al loro amplesso da vicino, da molto vicino.
Mi distesi con il gomito sul cuscino, a non più di trenta, quaranta centimetri dalle loro facce ed un mistico languore si mischiò con il loro erotico gioco.
Ancora adesso, mentre trascrivo questa mia esperienza, non so cosa mi prese e perché lo feci, ma lo feci: presi la mano di lei, intrecciai le dita e subito Silvana le strinse, come se fosse un ringraziamento, per partecipare e dividere con lei quei momenti.
Giorgio sembrava avesse aspettato apposta quel preciso istante prima di penetrarla. Nel momento in cui lo fece. lei ebbe un sussulto, spalancò gli occhi e stritolò, con una forza insospettata, le mie dita. Queste divennero viola a causa dell’improvviso blocco del sangue, poi si rilassò e il ritmico martellare dell’uomo da monta ebbe inizio. Ad ogni affondo, il suo corpo vibrava e le sue vibrazioni si propagavano come un’onda in ogni suo angolo, trasmettendolo anche a me tramite il nostro contatto; avvertivo l’impatto della fine corsa con perfetto sincronismo.
I suoi occhi erano imploranti di godimento, mi fissavano cercando un aiuto, un sostegno. La guardai intensamente e potei solo urlare un silenzioso:
“Ti capisco. Resisti.” Poi in un atto d’estrema tenerezza, le baciai dolcemente le punte delle dita a lenirle quel estatico tormento e finii con il posare il suo palmo sulla mia guancia.
Mentre ero ancora impegnata ad aiutare Silvana, Max s’era avvicinato e cercando di non disturbarmi, aveva iniziato a spogliarmi, iniziando dalla gonna. Rimasi nuda, esponendo il mio pube ben curato, visto che avevo deciso di non indossare le mutandine.
Adesso, avrebbe dovuto sfilarmi la camicetta ma, vedendomi intenta con la mano di Silvana, decise che poteva aspettare e aprendomi le gambe, s’intrufolò con la lingua tra le mie labbrone.
Mi accorsi che Silvana alternava ai miei occhi, l’immagine del mio uomo che mi leccava ed un tormentoso dilemma la divorava. Avvicinai il mio viso al suo, impedendole di guardarmi e di concentrarsi solamente su ciò che accadeva tra le mie gambe, la nostra vicinanza, il contatto delle nostre guance, delle nostre mani, udire i nostri respiri affannati, valevano come mille sguardi e feci di tutto per espormi meglio che potei.
Trascorsero attimi di godimento puro, poi anche Max puntò il suo arnese e spinse, devastandomi la figa, fino a quando lo sentii terminare la sua corsa nel bel mezzo del mio ventre. Ora eravamo uguali in tutto e per tutto, gemelle siamesi. Max pompava con devastante regolarità e mi godevo quel suo scavare con malcelata soddisfazione.
Poi ,Silvana, cominciò ad ansimare sempre più velocemente, il suo orgasmo era vicino.
Cominciò a sussurrarmi nell’orecchio, con un soffio di voce:
“Sto per venire, sto per venire, sto per venire…”Non smetteva più di ripetermelo. “Sto per venire, sto per venire…” Continuava.
Invece la sorpresi con il mio di orgasmo. Mai in vita mia avevo raggiunto la vetta del godimento in così pochi minuti ma è altrettanto vero che mai in vita mia m’ero trovata in una simile situazione, montata dal mio uomo, accanto e abbracciata ad un’altra donna che veniva scopata dal suo uomo.
“Vengo…” E questa volta, fui io a stritolarle al mano in una contrazione involontaria dei miei nervi.
Il mio scopatore, lungi dal venire, affondava con sadica precisione i suoi colpi, impedendomi di smettere di godere, trascinandomi verso vette di piacere mai provate prima.
Anche Silvana mi seguì subito dopo e fu altra benzina sul fuoco. Avevo sempre e solo fantasticato, provando invidia per le donne raffigurate ed immortalate in travolgenti orgasmi nelle situazioni più disparate nei filmini amatoriali che ogni tanto mio marito ed io ci guardavamo nell’intimità della nostra camera ma, vivere direttamente questa esperienza, andava al di là di tutta la mia immaginazione usata finora e soprattutto, non avevo mai visto godere una donna dal vivo.
Avevo dunque, più o meno il suo volto, ogni qualvolta avevo un orgasmo? La donna vicino a me, aveva il volto trasfigurato da mille smorfie, il viso si contraeva in mille modi diversi, alternando espressioni di fortissime tensioni per sostituirsi con occhi chiusi ad assaporare godimenti paradisiaci, un secondo dopo.
Com’era bella una donna nel momento del suo godimento. Così, fragile, incontrollata e meravigliosamente femmina, libera di sciogliere le catene alla sua femminilità.
Non riuscivo a smettere di godere, quando sembrava che il piacere scemasse, qualunque cosa, mi riportava in quota, un suo sguardo, la sua lingua che scorreva lasciva sulle sue labbra, un affondo più forte che la squassava, i suoi capezzoli che toccavano involontariamente le mie braccia, il nostro alito affannato che si mescolava, le nostre guance che si toccavano ed il calore che di conseguenza ci scambiavamo, i nostri sguardi incatenati.
Fu l’orgasmo più lungo della mia vita.
Max scaricò tutto lo sperma sulla mia schiena, con un urlo strozzato in gola, un rantolo animalesco. Giorgio sulla pancia della sua Silvana. Il primo schizzo arrivo fino alle sue tette, il resto si concentrò quasi tutto attorno al suo ombellico.
Alla fine, ci fu un incredibile silenzio. Durò non più di cinque secondi poi, come se fossimo tutti d’accordo, scoppiammo in una risata liberatoria ed io potei distendermi sul letto a recuperare le energie. Gli uomini si alzarono ed uscirono dalla stanza, credo che andassero al bagno per pulirsi.
Io rimasi distesa vicina a Silvana ed iniziai ad accarezzarla dolcemente, desiderosa di donare delle coccole. Lei rimase con gli occhi chiusi ed accettò di buon grado quelle carezze.
La mia mano scorreva leggera su quella pelle da bambina, descrivendo passaggi sempre più ampi; il volto, poi il collo, le spalle, il petto, i suoi seni, i sui capezzoli. Non mi fermai quando trovai lo sperma del suo uomo che le rigava il seno, anzi, glielo spalmai per bene, con cura su tutte e due le sue meravigliose tette. Portare le mie dita, piene della sborra del suo uomo, nella mia bocca, mi sembrò la cosa più naturale di questo mondo. Era la prima volta che assaggiavo il seme di un altro maschio. Tornai ad accarezzare quel corpo voluttuoso ed abbandonato, lei avvertì il contatto della mia mano che tornava a toccarla ed uno strano languore si materializzò sul suo volto.
Questa volta, oltre alla mia mano, anche le mie labbra cominciarono a toccare la sua pelle, vicino ai suoi seni, con baci teneri, mi avvicinavo sempre di più ai suoi capezzoli, ritti davanti a me a dirmi che le piaceva quel che stavo facendo.
Mai nella mia vita avrei pensato di baciare la pelle di una donna con questa sensualità, a dire il vero mai avrei pensato di baciare una donna ma, quella sdraiata al mio fianco, mi attirava a se senza fare nulla. O forse ero io che ero attratta da lei?
Incontrai l’odore del suo maschio che avevo precedentemente cosparso e mi inebriò, risvegliò le mie voglie.
Baciai tutto quello che trovai li attorno, poi lei, svegliandosi dal suo torpore, mi prese la faccia tra le sue mani e mi baciò con femminile passione ed io rimasi senza fiato. Staccandosi dalle mie labbra, mi disse:
“Scusami, non so cosa m’abbia preso, io non bacio le donne.” E abbassò gli occhi.
Ebbi un blocco per un breve attimo poi, mossa solo dal mio istinto, mi avventai sulle sue labbra e le nostre lingue s’incrociarono in un saffico abbraccio.
Non avevo valutato questo risvolto rispondendo al loro annuncio, non avevo mai contemplato l’idea di finire tra le braccia di un’altra donna ma, ora ero letteralmente coinvolta e soprattutto mi piaceva.
Consce della nostra inesperienza, scoprimmo tutto o quasi, aiutandoci l’una con l’altra, esplorando con la lingua i nostri sessi, gli angoli più nascosti, bramose di scoprire sempre qualcosa di nuovo. Mi piacque il suo sapore quando infilai la mia lingua tra le sue labbra e mi trovai il suo clitoride da succhiare. Mi piacque quando la sua lingua scoprì le stesse identiche cose ma, la sensazione era diversa da quella che provavo quando era Max tra le mie cosce. Una lingua soffice, più impertinente, delicata e sapiente mi stava riportando nel paradiso. Rimanevo affascinata dalla vista della figa di Silvana così vicina alla mia faccia, ero ipnotizzata.
Ora capivo la smania del mio uomo di leccarmela per ore. La figa è meravigliosa, affascinante, misteriosa.
Infilai un dito per curiosità, poi due e lei rispondeva con mugolii. Iniziai a farli scorrere e lei inarcò la schiena per aiutarmi nella penetrazione. Lei fece altrettanto ma aveva bisogno di più dita, le sue erano minuscole ed affusolate.
Cominciammo a darci piacere in maniera sempre più forsennata, eravamo in preda ad un furore erotico incontrollabile.
Mi accorsi che i nostri uomini si stavano godendo lo spettacolo ed i loro arnesi mi dicevano che quello spettacolo era molto gradito. Riuscii a comunicare questo a Silvana con un muto linguaggio, fatto di gesti celati e di sguardi come solo le donne riescono a fare. Questo la eccitò da morire e la rese più disinibita e vogliosa.
Non c’è nulla di più pericoloso di una donna eccitata oltre il punto di non ritorno. Spalancò le sue cosce a dismisura, iniziò a dimenare il bacino e a mugolare come una gatta in calore: tanta energia in un corpo così piccolo.
Eravamo prigioniere delle nostre mani esploratrici e del nostro furore erotico incontrollabile. Esploravamo i nostri corpi con curiosità, ardore, bramosia e lussuria: eravamo prive di controllo.
Come se scosse da un medesimo impulso, ci girammo in modo d’avere i nostri volti di fronte, le nostre tette si schiacciavano a vicenda, i nostri capezzoli si sfidavano, i nostri ventri si strusciavano con forza. Ci baciammo con violenza. Poi, con una leggera pressione delle gambe, Silvana m’invitò ad aprire le gambe ed io, con femminile accondiscendenza, le aprii. Con le sue esili braccia, mi prese le gambe divaricate ed imitando lo stesso atto di un maschio, cominciò a fottermi. Tra le sue gambe, non c’era un turgido membro maschile ma avvertire il suo sesso sfregarsi sul mio, strusciare sul mio clitoride, mi fece perdere la testa. La mia lingua mulinò impazzita nella sua bocca e riuscii ad incitarla, senza staccare le nostre labbra con un:
“Fottimi ti prego. Ancora. Fottimi amore.” Ancora una volta, non riuscivo a credere a quello che avevo appena detto ma, era davvero quello che sentivo in quel preciso momento; avevo rivolto la parola amore ad una persona che non era il mio uomo e per di più ad una donna. Era evidente che non fossi in grado di connettere ma, volevo solo fottere e godere.
Si staccò da me quasi con violenza, scese dal letto e si avvicinò ai due uomini fermi sulla soglia, s’inginocchiò e cominciò a spompinarli entrambi.
Io, sul bordo del letto, assistevo alla sparizione del membro del mio uomo, nella bocca famelica di una donna in preda ad un raptus erotico ed invece di essere arrabbiata, mi eccitavo ancora di più, ed usavo la mano per soddisfarmi: mi stavo masturbando.
Si alzò sulle punte dei piedi, baciò prima il suo uomo poi il mio. Poi, s’inchinò sul membro di suo marito, esponendo così i suoi buchini alla vista e alla mercé di Max. Lui, confuso, si voltò verso di me a chiedermi, silenziosamente, cosa dovesse fare. Io non gli feci capire nulla e di sua libera iniziativa, blocco con le mani i fianchi di Silvana, puntò il suo membro, maestosamente eretto, e con un colpo secco, l’infilò tutto, senza pietà, nel ventre della donna.
Una spada rovente di rabbia e gelosia mi trafisse ma, questo non m’impedì di continuare a masturbarmi. Il dolore provato nel vedere Max possedere Silvana, aveva attivato milioni di terminali nervosi, avevo ricavato una sensibilità quasi animalesca; avvertivo tutto attorno a me in maniera amplificata: odori, rumori. Riuscivo a percepire anche le emozioni che i tre animali stavano provando nell’atto del loro accoppiamento.
Gli istanti che seguirono, portarono Giorgio a scaricare il suo piacere nella bocca della sua dolce mogliettina, filamenti biancastri scorrevano lungo gli angoli della bocca di Silvana, traccia inequivocabile del godimento raggiunto dal suo uomo.
Poi fu la volta di Max che aumentò il ritmo di percussione a fianchi della sua cavalla da monta fino a liberare un ruggito. A questo punto, lei staccò la bocca dal sesso di suo marito e aggrappandosi disperatamente allo stesso con entrambe le mani, emise un prolungato suono monotono che fece capire a tutti i presenti quanto stesse godendo. Alla fine, i tre protagonisti si fermarono esausti, chi scivolando lungo la parete, finì con lo sedersi a terra, chi invece, piegò le ginocchia e posando le mani sul pavimento, assunse una cagnesca posizione, quasi un involontario invito a proseguire nella sua monta, mentre in realtà, era una resa e chi, sfinito, rimaneva inchiodato alla parete.
Tutti e tre, sembravano completamente estraniati dalla situazione derivata, ognuno a richiamare le residue energie per poter compiere anche il più piccolo dei movimenti.
Fui io, fino a quel momento solo spettatrice, a richiamare la loro attenzione. Ora toccava a me dare un saggio delle mie capacità. Improvvisamente accortisi della mia presenza, grazie al prolungato suono di una vocale, prima flebile, poi, sempre più crescente, a salire d’intensità, ottenni lo sguardo di tutti su di me, sulle mie gambe oscenamente aperte, sulla mia mano che sfregava indecentemente il mio clitoride e sul mio volto trasfigurato. L’urlo che seguì al termine della scala vocale, non aveva nulla di umano ma incredibilmente proveniva da un angolo del mio corpo a me ancora sconosciuto.
Non so se al termine di tutto, persi i sensi. Con gli occhi chiusi rimasi in un torpore indefinito, poi una mano mi accarezzò il viso e riconobbi la pelle del mio uomo che raccontava, senza una parola, quanto mi amasse. Aprire gli occhi ed incontrare il suo sorriso, furono i momenti più teneri e dolci che in quel momento mi ricordai d’aver vissuto con lui. Mi abbracciò e con un filo di voce mi sussurrò un meraviglioso “Ti amo” che nulla e nessuno poteva udire ma che mi riempirono il corpo di mille brividi.
Al distacco del nostro abbraccio, raggiungemmo i nostri amici in salotto e con una naturalezza mai immaginata, tutti e quattro nudi, rimanemmo ancora a parlare per un tempo difficile da stabilire ma che nessuno di noi volle misurare.
Al momento dei saluti, decisi che sarei rimasta così com’ero, non volli lavarmi per poter godere ancora, lungo tutta la strada del ritorno, del profumo di sesso che il mio corpo emanava. Infilai unicamente le mie scarpe e mi coprii con il solo cappotto.
I baci e gli abbracci si sono sprecati. Prima ho baciato Giorgio gettando le mie braccia attorno al suo collo, poi, al suo orecchio ho sussurrato “ La prossima volta, voglio essere scopata da te.” Lui non disse nulla, ma il suo sorriso era più che eloquente.
A Silvana, prima posai delicatamente le mie labbra sulle sue, poi entrambe ci abbandonammo ad un bacio più che appassionato, ci stringemmo forte e i nostri bacini si strinsero anche loro. Poi sentii la sua mano aprirmi il cappotto, arrivare alla mia figa, aprirla ed infilarvi un dito. Aprii leggermente le gambe per favorirle al penetrazione, appoggiai la mia testa sulla sua spalla e mi abbandonai. Furono altri brevi momenti di piacere. Poi lo estrasse e golosamente lo infilò nella sua bocca. Ritornò a baciarmi e la sua lingua voleva farmi gustare il dolce nettare della mia figa.
“Basta voi due, smettetela di lesbicare.” Ci siamo guardate e abbiamo sorriso compiaciute. “ Ti chiamo domani” e così dicendo, sfiorai le sue labbra con le mie per un definitivo saluto.
Per raggiungere la macchina, incrociammo alcune persone ed ognuna sembrava intuire quanto io fossi nuda sotto il mio cappotto. Non mancò molto perché io togliessi loro questo dubbio ma mi rendevo conto che per oggi, la scala di emozioni era divinamente completa, avrei rischiato di perdere il piacere di assaporare a pieno, l’emozione d’essere guardata con gli occhi bramosi di chi ti scopre indecentemente nuda. Era evidente che la Carmen uscita da quella casa era una donna nuova, una donna tutta da scoprire e questa parte, m’intrigava da pazzi.
 
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