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L'arte di Barbara

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Aragorn
view post Posted on 30/7/2009, 14:36




Barbara ormai la sognavo tutte le notti. La prima volta che l’avevo vista non mi aveva fatto una grande impressione. Poi, piano piano, mi ero accorto delle sue forme sinuose, del suo sorriso accattivante e sensuale e del suo persistente profumo di femmina.

Barbara aveva trentadue anni ed era sposata. Felicemente sposata. Già, questa premessa non lasciava di certo presagire il turbinio di passione e di sesso sfrenato che ci avrebbe avviluppato in un vorticoso e aberrante sodalizio durato ben sei mesi.

Barbara lavorava al mio fianco. Era alta, slanciata, formosa al punto giusto. Con un seno non enorme ma sodo e ben tenuto. I capelli ricci, color del mogano, lunghi appena da coprire la nuca, lasciavano intravedere un collo filiforme, proteso a sostenere la sua bella faccia. La pelle sotto la gola era rosa, tesa, attraversata da impercettibili terminazioni nervose.

Mi ero accontentato fino a quel giorno di ammirarla e di farla oggetto delle mie sedute di autoerotismo. Non osavo, del resto, manifestargli ciò che provavo convinto com’ero del suo ineluttabile rifiuto. Spesso parlava della sua famiglia, della romantica relazione con suo marito, che varcava ora la soglia dei quattro anni, e lo faceva con termini di così grande soddisfazione che provavo vergogna delle lussuriose banalità di cui era oggetto nelle mie fantasie.

Niente lasciava presagire che eros si sarebbe impossessato delle nostre anime.

Quel tardo pomeriggio accadde che nell’intento di mostrarle una speciale funzionalità del software che stava utilizzando sul suo PC posai la mia mano sulla sua, già intenta a manovrare il mouse. Barbara, affatto stupita, lasciò che la guidassi nei passi salienti dell’operazione che aveva intrapreso e che non riusciva a completare. Sentii che il dorso della sua mano era caldo e vellutato, oggetto costante delle sue attenzioni di donna.

Finito di cliccare sull’ultima schermata mi staccai con disdegno da quella pelle soffice. Lei si girò parzialmente verso di me con l’intento di ringraziare la mia disponibilità e mi sorrise in maniera accattivante. Stando io in piedi dietro di lei non potei fare a meno di abbassare lo sguardo e puntare dritto verso la sua vistosa scollatura. La camicia che portava quel giorno, sbottonata com’era fino al terzo bottone, lasciava intravedere il suo seno sodo ed invitante, sorretto da un pizzo dai mille rivoli. Barbara accortasi dello stupore che la mia faccia a stento celava mi chiese con un sorriso smagliante sulle labbra: “Desideri qualcosa?”. Io come inebetito non sapevo che rispondere e pensavo ad uno scherzo. Ebbi, però, istintivamente, l’ardore di chinarmi e baciare il suo collo.

Ella non mi respinse. Anzi.

Piegato il collo per far posto alla mia bocca, appariva sinceramente soddisfatta delle mie labbra che ora la morsicavano dolcemente su e giù per quella sua liscia coltre di sottile pelle. Con la punta della lingua cercavo di seguire quei sensibili corridoi nervosi che avevo sempre pensato di scorgere sul suo collo. Vidi che Barbara aveva socchiuso gli occhi e si mordeva il labbro inferiore. Capii che era giunto il momento di cogliere il frutto dei miei tormentati desideri!

Mi distolsi da quella eccitante operazione solo per un attimo. Occorreva infatti chiudere la porta dell’ufficio per evitare che qualcuno fosse testimone del peccato che ci accingevamo a consumare.

Tornato da lei, che era rimasta seduta, la baciai con impeto sulla bocca e con la mano andai a cogliere quelle soffici rotondità che prima avevo scorto con tanto desiderio. Notai, con somma gioia, che i suoi capezzoli erano già turgidi, segno palese della sua crescente eccitazione.

La mia lingua, ora, si faceva strada tra la sua e si accingeva a sfiorarle il palato quando, d’un tratto, lei portò la sua mano sulla mia zip e cominciò ad aprirla. Io ero già oltremodo eccitato e credo che lei rimase molto soddisfatta dal sentire che il mio pene era perfettamente eretto e pronto all’uso!

Staccatomi dalla sua bocca potei notare con quanta cura Barbara si accingeva a sbottonarmi i pantaloni, ultimo baluardo che nascondeva alla sua vista l’oggetto di un ardore così inaspettato.

Rimasto con i pantaloni ad altezza dei ginocchi pregustavo già il piacere di quella avventura nei sensi.

Barbara circondò il mio bacino con le sue braccia e pose le sue calde mani proprio al di sopra dei miei glutei; con i denti provvide, successivamente, a strapparmi gli slip di dosso.

A quel tempo usavo radermi nell’intimo, prettamente per ragioni igieniche. Barbara rimase piacevolmente turbata dal trovare il mio inguine ed il mio scroto glabri. Profondamente stuzzicata da tale scoperta accarezzò con estrema delicatezza entrambi i miei testicoli, poi tentò di prenderne la maggior parte possibile nella sua calda bocca spalancata. Con la punta della lingua stuzzicava la mia pelle liscia lì dove essa era più sensibile.

Il piacere che provavo era immenso. Barbara dava pieno sfogo alla sua ars amatoria ed io ero la, cavia inerme delle sue fantasie.

Abbandonata la mia sacca scrotale, ora umida della sua saliva, si diresse verso il glande, oramai della consistenza e del colore di una matura fragola gigante.

Nello spostarsi non mancò di stimolare il mio pene con appassionati baci accompagnati da stuzzichevoli morsichetii che lasciavano il segno lungo la pelle tesa del mio membro eretto.

Barbara arrivò alla sorgente della vita. Con la punta della lingua raccolse della saliva e stimolò quella mia carne nuda partendo dalla base inferiore della stessa per arrivare dove i due lobi del glande tornano ad unirsi.

Mi trattenni con fatica dal gridare di piacere.

Un velluto caldo e grondante di umore vischioso si impossessò del mio sesso. Barbara gustava senza sosta il mio sperma che ora copioso gli riversavo nella bocca. Avida di quella ambrosia ne ingoiava ogni goccia evitando accuratamente di farne cadere una seppur minima parte a terra.

“O Barbara! Tu, scrigno inviolabile di preziosa rarità, non esitasti nel custodire il mio seme. Tu, che nell’impeto dei sensi, donasti la tua bocca per il mio profondo piacere! Ti esalto dea dell’amore!”
 
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