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incontro di sesso

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THE DARK LORD
view post Posted on 5/1/2009, 15:13




Ancora era in tempo. Bastava sterzare, tornare indietro, alla tranquillizante narcosi della vita perbene. Bastava che la chiamasse o, più vigliaccamente, che la smsasse: “non vengo più”. E amen. Ma sì, del resto. Tanto sua moglie non l’avrebbe lasciata mai. E allora perché fare questa bravata dell’appuntamento erotico con una donna conosciuta in rete? Una donna più giovane di lui di circa dodici anni, di cui aveva visto le foto (bella, capelli bruni, occhi scuri, viso aperto e leale); ma se fossero foto taroccate? Si sa cos’è Internet, quante fregature si prendono. Una volta anche lui aveva corrisposto per mesi con una tizia rivelatasi poi un tizio, un vero porco che si divertiva a fare la donna. E se ne era accorto per caso… Meno male che viveva lontano! Ma stavolta era diverso, la donna con cui stava per incontrarsi viveva nella sua città, a pochi minuti da casa sua (oddio, pochi minuti no… per raggiungerla in pochi minuti col traffico caotico ci sarebbe voluto l’elicottero). Si erano scritti mail, si erano scambiati foto e sms, avevano chattato esplicitamente (sesso virtuale compreso, erano due assetati). E ora avevano deciso, in una chat più ansante del solito, di conoscersi e di fare sesso. Sì, sano e totale sesso. Tanto erano adulti (o adulteri?) e vaccinati. E mentre andava a quel meeting lui ascoltava la nuova canzone di quella seduttrice obsoleta ma sempre sexyssima che è Ornella Vanoni: “Gli amanti”… Poteva tornare indietro. Sì, ma a che cosa? Al trantran ripetitivo, all’assenza di sogni, al grigiore, al perbenismo, al rifiuto del sesso. Ecco il punto. Lui aveva ancora i suoi ardori. Ridicoli, forse, in un uomo maturo. Ma li aveva. E si scontrava con l’assenza di stimoli, con l’anagrafe, con il bacino striminzito della buonanotte quando avrebbe voluto fare il leone a letto, con la posizione tradizionale del missionario anziché tutte le depravazioni che sognava e mitizzava. “No” si disse. “Non rinuncio”. E arrivò puntuale al motel che avevano scelto. Arrivò prima lui, salì nella camera riservata, la 169 (fece considerazioni porno su quel numero, accidenti alle fatalità). Fece salire quello che aveva ordinato. Dovette aspettare molto poco. Eccola lì. Praticamente perfetta. Un po’ etnica, con una gonna chiara, un top rosso e un paio di orecchini di corallo. “Ciao” “Piacere, ciao” “Nelle foto eri bella ma non così” “Anche tu dal vivo sei meglio” “Accomodati, ho pensato che avessi voglia di uno spuntino”. Altro che spuntino! Champagne con ostriche ordinate appositamente. Alle 10 del mattino! Lei restò interdetta, ma nel complesso gradì. Il problema era proprio di non fare le solite cose dei soliti orari, ma altre cose, in altri orari, in altri modi. Si sedettero al tavolo. Consumarono le ostriche guardandosi negli occhi, strappandole coi denti, assaporandone il gusto afrodisiaco. Lui stappò lo champagne, riempì la coppa. “A questo incontro” “A noi due”. E bevvero in silenzio. Buono davvero. Avevano una voglia indescrivibile di fare subito sesso. Ne avevano parlato così tanto. Ma ora era difficile fare il primo passo. Che dire? Che fare? Spogliati e via? “Che si fa?” disse lui. “Io farei sesso” sorrise lei. “E di corsa, visto che non abbiamo molto tempo” aggiunse. “Come ci spogliamo? Ognuno per sé?” chiese lui. “E Dio per tutti…”sogghignò lei. Aveva certe battute… “No, meglio che ognuno spoglia l’altro”. Si avvicinarono, si fiutarono, si ammirarono. E presero a spogliarsi a vicenda, lentamente. Lei sapeva di buono, aveva un profumo inebriante, diverso. Ecco, l’importante era annusare odori diversi. Lei era diversa. Furono presto seminudi. Lui coi boxer, lei in reggiseno e tanga. “Grazie per il tanga” le disse. “Temevo che indossassi degli slip Cagi del 1960” ammiccò lei. “Boxer nero, sembri un pugile” commentò. “Voglio il cazzo, ora”. Gli tirò via i boxer con due mani, li annusò avida prima di scagliarli a distanza. “E ora un piccolo preliminare: masturbati”. Adorava vedere un uomo nudo che si masturba. “Pompati”. Lui sorrise ed ubbidì, iniziò un lento jerking, con la destra teneva il cazzo e lo pompava lentamente. Lei guardava, seminuda e assetata. “Continua”. Ogni tanto lei sorseggiava lo champagne. “Pompa bene, toccati le palle”. Lui ubbidiva, anche se cominciava ad avere voglia di vederle le tette e la fica. “Spogliati anche tu, dai”. “Non ancora. Pompati e pensa alla mia fica”. Era eccitantissimo. Lui pompava e si sentiva eccitato: nudo, in piena masturbazione, davanti a una bellissima donna in pseudobikini che lo osservava sorseggiando champagne. Ed era solo l’inizio.
“Ora ci divertiamo” disse lei. Si tolse tutto, restò nuda e bellissima. I seni puntuti, gonfi di desiderio. Aveva due capezzoli puntuti e larghi, eretti e ruvidi, duri per il piacere. “Ciucciami le tette”. Lui iniziò a succhiarle le poppe con dolcezza e forza, si riempì la bocca, li leccava, li aspirava, succhiava forte. Lei prese lo champagne e se lo versò sulle tette. “Bevi”. Vera bevanda doc, tette allo champagne. “Ora voglio ciucciarti il cazzo, vieni”. Gli si avvicinò, gli liberò il cazzo. Sentì la cappella calda e rigonfia strofinarsi e lei. “Dimmi porcate” “Ma dai… per forza?” “Sì, è indispensabile. Voglio un animale che mi scopa e mi copre di oscenità”. “Ma non mi viene..” Lei gli agguantò il cazzo e lo pompò energicamente, poi gli infilò la lingua fra i denti ed esplorò tutto il suo palato. “Ora ti viene? Insultami e fammi fare un pompino”. “OK. Spalanca la bocca, troia” Lei apriì la bocca; il cazzo entrò con una spinta violenta; lei lo lubrificò con la saliva; lui la scopava in bocca, su e giù. “Coprimi di porcate, dai” “Pompa, troia, voglio che ti entri in gola”. Le mani di lui erano attaccate ai capelli della donna, le davano il ritmo mentre gemeva di piacere. Lei lo tirò fuori e ordinò: “Ancora oscenità, parla, parla!!” “Te lo faccio mangiare tutto, troia, puttana, bagascia, ciuccia porca”. Lei succhiava sempre più veloce…lui le spingeva la faccia sempre più verso il suo cazzo che aveva tutto in bocca: "Mangia troia, ingoia tutto". Lei di nuovo tolse il cazzo dalla bocca, tipo microfono, e disse: “Sborra, voglio la calda sborra”. E lui non resistette più. Lo sperma caldo le alluvionò la gola; le venne da vomitare, ma non poteva; chiuse gli occhi inondati di lacrime, e ingoiò tutto. Lui urlò di piacere. Ora il cazzo si ammosciava, proprio mentre lei toccava il top della porcaggine. “Devi gonfiarti di nuovo”; ormai parlava al suo cazzo, non a lui. Lo rimise in bocca, ciucciandolo oscenamente. Gli fece cenno di continuare a parlare ,a dirle porcate oscene. “Usa la lingua, lecca, succhia, esplora, puttana”. Lei era una pompinara da Nobel. In due minuti il cazzo era di nuovo in tiro. “Ora inculami” gli ordinò. Giocava con quella cappella grossa, leccandola e lubrificando il più possibile il cazzo per non farsi male. Lui non aveva mai fatto sesso anal con la sua lei. Né con nessuna lei. Era la prima volta. Ora non smetteva di spingerle con una mano la testa verso il cazzo, mentre con l’altra le martoriava il capezzolo sinistro. “Ora mungimi” comandò lei. I capezzoli erano duri e roventi, lei era nuda, bagnata, con colate di sperma sul mento. Sentì la mano di lui che le accarezzava il pelo e scendeva verso il clitoride; lo sfiorò e scese sempre più giù. Lei si poggiò con le mani sulle sue forti spalle e divaricò le gambe. Tre dita di lui penetrarono nella sua figa umida. Lei ansimava, il suo culo seguiva l’entrare e l’uscire di quelle dita. Lui con una mano le torturava l’interno della vagina, con l’altra le prese il seno destro e cominciò a massaggiarlo, tirando il capezzolo duro come il marmo. Infine lei sentì il suo cazzo premere sul suo culo. Lui tolse la mano dalla figa, e piegandole la schiena a 90 gradi, sfiorò con la cappella il suo buchetto, la passò sulla sua figa bagnata e poi la strofinò sul suo culo. Lo fece due o forse tre volte, poi di colpo la penetrò. Lei lanciò un urlo. Lui le disse di piegare le ginocchia, di mettersi a 4 zampe: “Devi essere la mia cagna, ti voglio in calore”. Lui la prese per i fianchi e cominciò a muoversi. Entrava e usciva, sentiva la sua cappella ruvida, la sua lunghezza, e ogni volta spingeva sempre più profondamente fino a farle sentire le sue palle sbattere sulle chiappe. Lei ebbe un brivido tale che le veniva da fare pipì. “Sto venendo di nuovo, puttana; eccoti la sborraaaaaaaaaaaaaaaaa”. E le riempì l’ano di caldo sperma. Era quasi mezzogiorno, lui cominciava ad essere appagato da tanto sesso. Ma lei: “E’ solo l’inizio”.
“Ora guardami e riprendi fiato”. Aveva portato una bottiglietta d’olio solare. Svitò il tappo e si versò sul corpo una lunga striscia d’olio, partendo dalla base del collo, passando tra i due seni, e proseguendo sul ventre, fino all’ombelico. Si cosparse l’olio sulla pancia e sui fianchi, con lenti movimenti circolari, ungendo con pignoleria ogni centimetro della sua pelle abbronzata. Poi si spalmò accuratamente le tette, carezzandole, massaggiandole, mungendole, strofinandole a lungo. Ridiscese con le mani unte sul ventre, risalì lungo i fianchi fino alle spalle, le passò sul collo, poi dietrofront, si carezzò dolcemente i seni, scese nuovamente verso la pancia. Lui era consapevole che nella sua esistenza non aveva mai visto niente di così erotico. Lei riprese il flacone di olio solare, e ne versò una notevole quantità prima su una gamba, poi sull’altra, dal piede fino all’inguine. Le mani di lei percorrevano le gambe, in lunghe carezze oleose, spandendo il denso liquido sulle cosce, sulle ginocchia, sui polpacci e sui piedi. Si unse le dita dei piedi con cura, una ad una, centellinando il piacere. Esplorava gli alluci come se fossero dei cazzi. La mano di lui andò sul cazzo, di nuovo granitico (era un record!!). Quando le gambe ed i piedi furono cosparsi d’olio abbronzante, lei, nuda, bella, sensuale, erotica, provocante e impudica, lo guardò e disse: “Ora guarda”. Mosse il braccio destro, si portò la mano su un seno, lo accarezzò piano, e quindi scivolò con le dita sulla pelle unta, sino ad infilarle con rapidità nella calda fica. Spalancò le gambe come se volesse spaccarsi in due. Lui guardò quelle gambe tornite, guardò le cosce e le natiche; il suo cazzo gli pulsava nella mano che lo aveva nuovamente impugnato e lo pompava. “Scappèllati”. Lui si scappellò. “Più lento!” si lamentò lei mentre si masturbava la fica. Lui vide le dita di lei che percorrevano le grandi labbra, un dito premette sul clitoride, con movimenti sempre più rapidi. Lui non resisteva più e per la terza volta produsse sperma caldo e bianco mentre guatava lei che si inarcava sulla schiena, con la mano che usciva dalla fica danzando ad un ritmo travolgente sul clitoride. Poi si portò la mano sulla bocca leccando avidamente. “Ho fame” disse lei interrompendosi di botto. Era quasi l’una. Ore di sesso erano volate senza accorgersene. Lui era ansante, stremato. “Che vuoi mangiare?”. “Te” rispose; e aggiunse: “Sdraiati sul letto che ti mangio”. Lui rise e si distese nudo sul letto. “Pancia in giù, prima” comandò la generalessa. Si girò col cazzo sotto la pancia. Lei cominciò a palpare il suo culo minuziosamente. Era un bel culo, sodo, possente, forte, tondo. Lo sculacciò improvvisamente. Lui imprecò: “Ma che c…”. Lei sorrise perversa e lui si calmò. Lei disegnò strane figure sul suo sedere. “Girati sul fianco”. Lui ubbidì, lasciò fare. Lei gli agguantò il pisello mollacchiero e con la mano libera si toccò la micia, prima superficialmente, poi inserendo un dito dentro. “Ora ciuccia questo dito: sa di fica” gli disse. Lui succhiò avidamente. Lei tornò a massaggiargli energicamente il pisello, mentre con il pollice si accarezzava e stimolava la figa. Mungeva l’uccello che era di nuovo eretto. “E ora ti mangio” disse lei. Cominciò a mordicchiarlo ovunque: nuca, schiena, culo, culo, culo, cosce, piedi. Mangiava proprio! Dentate che lasciavano il segno. “Hai troppi peli” sentenziò lei. “Ora ti depilo”. Prese dalla valigetta un rasoietto, prese della schiuma da barba, gli insaponò cazzo, palle, inguine, petto. E cominciò a depilarlo con la scientificità che la contraddistingueva. Lentissima, oscenamente lenta sulle palle. Zic zic zic, via tutto. Dopo un quarto d’ora lui era tornato liscio come un ragazzino. E si baciarono mille volte, si toccarono ovunque, si leccarono millimetro per millimetro. Fecero un 69 da favola, lui esplorò tutti i suoi buchetti, lei lo ciucciava sentendo la lingua di lui sulla fica, sul clitoride, sul buco del culo, sulle cosce. Non avevano mai provato un piacere simile. Quando fu pomeriggio inoltrato, dovevano tornare a casa. E non sela sentivano. Si tenevano per mano, esausti da quella giornata di sesso a 360°. “Come faremo a vivere come prima, ora?” chiese lei. “Un sogno così non ha prezzo. Lo risogneremo quando vorremo”. “E se ci scoprono?” “Più scoperti di come siamo…” disse lui stavolta, anche lui era ironico e rasserenato ora. “Hai ragione, e poi chissene…”. E si baciarono ancora con la voglia di mangiarsi ancora.
 
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